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News

Intervista a Barbara Steele, volto iconico del TFF37

L’attrice Barbara Steele, icona dell’horror italiano e del Torino Film Festival 2019, è stata intervistata da Caterina Taricano nel numero 94 di MONDO NIOVO uscito nel 2013. Ve la riproponiamo nella versione integrale.

L’ultimo film l’ha girato proprio in Italia. Un piccolo horror diretto dallo specialista Gionata Zarantonello, The Butterfly Room – La stanza delle farfalle. Come le capita da molto tempo, Barbara Steele interpreta di fatto se stessa, una vera e propria icona del cinema horror. Non vive questa situazione come una diminutio, ma come sempre con allegria e grande senso dello humour. Questo atteggiamento nei confronti del cinema e della vita le è stato sempre riconosciuto da tutti i registi con i quali ha lavorato.

Barbara Steele, come si diventa icone horror?

Nel mio caso senza rendersene assolutamente conto. Ero stata chiamata in Gran Bretagna per qualche piccolo ruolo, poi fui notata da un casting italiano che cercava volti per un piccolo film da girare in Italia. Era un film dell’orrore, e a quel tempo – stiamo parlando dei primissimi anni Sessanta – l’horror batteva prevalentemente bandiera inglese. Erano gli anni della Hammer, di Christopher Lee e di Peter Cushing, due stupendi attori di teatro che avevano di fatto reinventato il modo di raccontare le storie di paura. Io alla Hammer avevo fatto un provino ma non mi avevano preso, invece in Italia mi scelsero subito. Mi dissero che il regista, Mario Bava, era al suo primo film. Tecnicamente era così ma era in realtà un uomo di cinema molto esperto, aveva lavorato con molti registi e aveva fatto la loro fortuna perché sapeva perfettamente come si doveva girare. E infatti La maschera del demonio è stato un successo incredibile, in tutto il mondo, ed è ancora molto popolare adesso.

Perché secondo lei quel film del 1960 ha avuto così tanto successo?

Perché era diverso dagli altri, così come io ero diversa dalle altre attrici che facevano quei film. Mi dicevano tutti che ero una bella ragazza, e effettivamente credo che il mio corpo non fosse niente male. Ma poi aggiungevano: “è bello anche il volto, anche se è strano”. E infatti il mio volto era strano, nel senso che è asimmetrico, non ha i lineamenti scolpiti, può piacere ma è anche un po’ inquietante. Di solito le bellezze dell’horror erano puramente decorative, erano le vittime del vampiro, dovevano essere affascinanti e poi fare una brutta fine, magari mentre si stavano spogliando. Negli horror italiani era un po’ diverso, perché di solito il vero centro di malvagità erano proprio le donne, che diventavano così le protagoniste assolute. Il male è femmina, in Italia. Credo sia un po’ il frutto della vostra cultura cattolica: il peccato originale, cose del genere. Sta di fatto che i ruoli che ricoprivo erano quasi sempre da protagonista, e il più delle volte cattivissima. Devo dire che questo non mi dava nessun fastidio, anzi mi faceva piacere.

Era una forma di anticonformismo, la sua? Anche perché proprio in quegli anni lei fece una battuta molto cattiva su Doris Day…

Si, fu una battuta in un’intervista a una rivista francese, Doris mi tolse il saluto e non me la perdonò mai. Io avevo solo detto che mi piacevano i ruoli perversi che mi venivano offerti mentre detestavo i ruoli da vergine professionista che erano offerti a Doris Day, che all’epoca aveva girato anche un paio di thriller nel ruolo della innocentina vittima delle circostanze. Non era una critica a lei ma a quel tipo di presenza femminile. Avrei potuto fare mille altri esempi, ad esempio le bionde algide che Hitchock ha sempre messo nei suoi film. Hitch era evidentemente attratto morbosamente dalle bionde algide. Io non avrei mai potuto accettare un ruolo così, anche se ogni tanto nei film ero bionda. Non era un attacco a Doris, ma lei la prese molto male. Beh, diciamo che non ho perso il sonno per quanto è successo.

Che ricordo ha dei registi italiani con i quali ha lavorato?

Bava era tecnicamente quello più bravo, faceva dei veri e propri miracoli con due soldi di trucco perché conosceva molto bene la tecnica. Freda era forse il più perverso, nel senso che con lui mi sono dovuta inventare anche necrofila (L’orribile segreto del dottor Hichcock). Era molto bravo anche un vecchio regista, Camillo Mastrocinque, che era noto soprattutto per i film comici ma che nell’horror si dimostrò straordinario. Durante gli anni del successo italiano lavorai anche con Roger Corman. I soldi erano sempre pochi ma il set con lui era qualcosa di molto diverso. Era freddissimo, una vera e propria macchina razionale. Gli italiani erano più caciaroni e casinisti, ma i risultati furono buoni in entrambi i casi.

In quegli anni lei passò da Bava a Fellini quasi senza battere ciglio…

Si, Federico mi diede una parte in 8½, ma quel ruolo era frutto di una conoscenza personale molto approfondita. Niente di pruriginoso, però. Io frequentavo molto Federico perché lui amava l’occultismo e a me piacevano molto le sedute spiritiche, mi interessavo di magia bianca, ero considerata nella Roma dell’epoca quasi una sensitiva. Andavamo da lui io e Harriet White, che era una vera e propria medium e che è la megera che mi perseguita nei due film che ho fatto con Freda, L’orribile segreto del dottor Hichcock e Lo spettro. Aveva una storia strana, Harriet. Era l’inglesina di Paisà, aveva avuto credo una storia con Rossellini ma poi aveva sposato lo scenografo Gastone Medin ed era rimasta nel mondo del cinema. Ma, soprattutto, organizzava sedute spiritiche. Per tornare a Federico, la magia bianca lo affascinava perché aveva paura della morte. Ci fu un periodo che ero da lui quasi tutte le sere. Da lì ad avere una parte in un suo film, il passo fu veramente breve.

E in quegli anni la ritroviamo anche nelle commedie…

Si, cercavano di fare di me una delle presenze sexy: il costume in Italia stava cambiando e le attrici si potevano spogliare molto di più sullo schermo. Non mi tirai indietro. Il ruolo che mi ha più divertito è stato quello di Teodora in L’armata Brancaleone. Quel film è stato un vero divertimento anche quando lo stavamo girando. Monicelli era un altro cattivo, però poi faceva morire dal ridere con le sue battute, era una sorte di burbero benefico. In quel film credeva davvero molto, credo che glielo avessero bloccato qualche anno prima perché i produttori non ci credevano e lui, che era un uomo che amava le sfide, si era buttato a capofitto in quella sfida e aveva coinvolto un po’ tutti noi che ci lavoravamo. Diceva che sarebbe stato un grande film e che proprio per quello non glielo volevano far fare, ma che lui ce l’avrebbe fatta. E fu proprio così. Mi ricordo un’altra cosa di quel film: lui prese da parte me, Catherine Spaak e Maria Grazia Buccella (cioè le tre donne del film) e ci disse che il nostro ruolo non era enorme ma era fondamentale. E questo perché lui era stufo di leggere di un Medioevo tutto fatto da damigelle trepidanti e vestite di bianco. Voleva delle donne vere, delle femmine che non avevano paura degli uomini ma che li sapevano sedurre e piegare a propri desideri. Come è sempre stato e come sempre sarà.

Sono stato anni di grande lavoro e anche di grandi polemiche. Come ha detto lei, il costume in Italia stava cambiando, ma questo non avvenne senza scossoni e senza tensioni…

Lasciamo perdere le tensioni politiche, quelle non mi interessano anche se in proposito ho sempre avuto le mie idee molto precise. Ma pensate che una volta ci fu un fidanzato che al cinema, mentre era proiettato un horror interpretato da me, cercò di violentare la sua ragazza e, al suo rifiuto, la uccise. Giustamente il caso creò scalpore. Quello che trovo davvero allucinante è che ci fu un giornale che mi accusò di essere la responsabile di quella morte, perché in quel film mi spogliavo. Capito? Il colpevole non era quel pazzo criminale assassino, ma io. Succedeva anche questo, nell’Italia di quegli anni. Quel giorno, e per un lungo periodo successivo, non lessi più il giornale e mi venne un gran mal di testa, dovuto a una rabbia impotente.

E poi lei ritorna in America, e di fatto cambia vita.

Si. Mi sono sposata. Mio marito era uno sceneggiatore, ma non credo di averlo sposato per questo motivo. Credo fosse scritto nel destino. Lui si chiamava James Poe, e io, la reginetta dell’horror, non potevo non sposare uno che si chiamava Poe, che peraltro è uno scrittore straordinario. Siamo stati insieme per molto tempo, e io insieme a lui ho intrapreso un’altra carriera, quella di produttrice. Ho lavorato per il cinema e per la televisione, in Canada e negli Stati Uniti. Ma ha continuato a fare l’attrice… Si, mi hanno chiamato molte volte, un po’ perché il mio nome non dico che facesse cassetta ma sicuramente suscitava curiosità. Mi hanno chiamato dei registi che mi hanno fatto recitare, e queste proposte le ho accettate. Mi hanno anche chiamato tanti per fare piccole parti in film improbabili, e quei ruoli li ho rifiutati: appena avevo il sospetto di essere usata solo per il mio nome, dicevo subito di no. Ho lavorato con Cronenberg, con Demme, con Joe Dante: tre registi molto diversi tra loro, ma tutti e tre grandi conoscitori di cinema, tant’è vero che nelle pause mi riempivano di domande alle quali spesso non sapevo rispondere (nel senso che erano troppo dettagliate per i miei ricordi). Poi ho lavorato con Dan Curtis, che ha molto meno ambizioni dei tre che ho citato prima ma è un ottimo regista di genere, uno di quelli che forse non esistono più. Sono molto contenta di come ho gestito questa seconda parte della mia carriera. Potevo fare un gran pasticcio e perdere ogni credibilità, per fortuna non è andata così.

E poi ha dovuto gestire anche gli inviti, la richiesta di conferenze, di ospitate a festival e a programmi televisivi.

Anche in questo caso mi sono orientata a scegliere in base all’impressione di credibilità che avevano i vari richiedenti. Negli anni Novanta sono andata molto volentieri in Italia per una retrospettiva dedicata a Mario Bava, nella quale sono stata ospite d’onore. In quel caso ho visto che tra me e Lamberto Bava, il figlio di Mario che adesso fa il regista e che ha tanto collaborato con lui, c’era totale identità di vedute sulla memoria del padre. Bava era un genio proprio perché non faceva nulla per dimostrarlo, sapeva scherzare e al tempo stesso aveva una padronanza incredibile di tutto quello che girava. Nelle interviste che mi fanno è il più citato, ed è giusto che sia così.

Lei ha compiuto 75 anni, il suo anticonformismo si è spento con il passare del tempo?

Beh, sicuramente certe frasi un po’ tranchant adesso non le pronuncio più. Ma l’odio per gli ipocriti, i cosiddetti “sepolcri imbiancati”, quello è rimasto. Sono strutturalmente contraria all’ipocrisia, soprattutto tra le donne. Se uno pensa una cosa, fa bene a dirla: soprattutto se è una sua idea in proprio e se non offende nessuno pronunciandola. Dovrebbe essere la prima regola della convivenza civile. Invece è quasi un’eccezione, ma un’eccezione della quale sono molto, molto fiera

29 Novembre 2019
News

Anteprima di “Compagni” di Pietro Perotti e Ruggero Alfano

L’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) e Volere la luna organizzano l’anteprima del documentario in fase di lavorazione COMPAGNI di Pietro Perotti e Ruggero Alfano in programma mercoledì 4 dicembre alle ore 21,00 presso il Centro Studi Sereno Regis (Via Garibaldi 13, Torino); l’ingresso è libero con la possibilità di fare un’offerta per sostenere la post-produzione del film.

Dopo Senzachiederepermesso, realizzato insieme a Pier Milanese, Pietro Perotti firma un nuovo film, unendo materiali d’archivio, ma sopratutto i filmati e le interviste inedite che ha realizzato nel corso di  questi anni; ad affiancarlo in questo lavoro il giovane film-maker e delegato sindacale Ruggero Alfano con il quale si sono unite visioni e istanze di due differenti generazioni.

“1969, l’autunno caldo. Alla Fiat Mirafiori di Torino – dichiarano gli autori Pietro Perotti e Ruggero Alfano – iniziano le agitazioni che segneranno la storia della lotta operaia e che culmineranno con la conquista dello Statuto dei lavoratori. Questo grande movimento sociale avrà termine il 14 ottobre del 1980 quando la cosiddetta “marcia dei quarantamila” porterà alla resa del sindacato e alla chiusura di una stagione di di lotte sociali  e di grandi speranze collettive. A cinquant’anni dal ’69 cosa rimane di quelle lotte alle nuove generazioni di lavoratori? Una memoria da coltivare e da trasmettere che come un passaggio di testimone consegni alle nuove generazioni prospettive di lotta per i propri diritti ridotti sempre di più all’osso. Questo documentario vuole raccontare e condividere la memoria di quelle persone che credettero e si impegnarono nell’ideale di una società migliore in cui la classe operaia potesse trovare il suo giusto riconoscimento sociale e politico; persone che ai tempi tra loro si chiamavano semplicemente compagni.”

“Negli ultimi dodici mesi grazie a Pietro Perotti l’AMNC – dichiara il Presidente Vittorio Sclaverani – gli ha dedicato un numero monografico di Mondo Niovo, assegnato il Premio Maria Adriana Prolo 2018 durante il TFF, condotto un laboratorio di gommapiuma, promosso un carnevale partecipato con le sue creazioni e proiettato in moteplici occasioni Senzachiedepermesso. È davvero incredibile l’energia che riesce a trasmettere un uomo che sta per compiere ottantuno anni; in estate, grazie agli amici di Tedacà, è stata organizzata una delle proiezione più intense del suo film nel parco della Tesoriera di Torino; in quell’occasione tante persone diverse, tra cui Ruggero Alfano, si sono incontrate riconnettendosi con la grande storia collettiva della nostra città legata in modo imprescindibile con il lavoro in fabbrica e le lotte operaie. Pietro è un testimone diretto, ma soprattutto è un custode generoso di questa memoria comune grazie ai documenti che ha raccolto (film, manifesti, adesivi, giornali, registrazioni audio) e al lavoro costante che continua a fare dagli anni ’60 a oggi nell’animare la cittadinanza sui temi più importanti del nostro presente.”

Il manifesto del film, ispirato a un corteo del 1969, è realizzato da Carlo Minoli, già autore della graphic novel Dante Di Nanni, una storia nell’Italia occupata tra mito e realtà edita dall’omonima sezione torinese dell’ANPI.

Per maggiori informazioni: www.amnc.it – info@amnc.it – 347 56 46 645

Gli autori

Pietro Perotti è nato a Ghemme in provincia di Novara, il paese di Alessandro Antonelli, nel 1939.

Entra in Fiat il 9 luglio 1969, subito dopo gli scontri di Corso Traiano; ha partecipato a tutte le lotte operaie occupandosi da subito di comunicazione all’interno della fabbrica, realizzando adesivi, giornali murali, scritte e disegni nei bagni, pupazzi di cartapesta, poi gommapiuma, che hanno fatto diventare i cortei un grande teatro di strada. Con la sua cinepresa super8 ha documentato situazioni e lotte operaie a Mirafiori dal 1974 a oggi. Grazie a questo materiale inedito ha realizzato insieme a Pier Milanese Senzachiederepermesso che dipinge un affresco di vita operaia in quella che è stata la più grande fabbrica metalmeccanica d’Europa. Dopo essersi licenziato dalla Fiat, il 25 Aprile 1985, continua a creare pupazzi e installazioni di gommapiuma per teatri, televisioni e artisti come Stefano Benni, Altan e per tutte le occasioni di lotta e opposizione. Nel 2018 ha ricevuto dall’AMNC il Premio Maria Adriana Prolo alla carriera consegnato nell’ambito del 36° TFF.

Ruggero Alfano, trent’anni, laureato al Dams di Torino in Televisione e Nuovi Media, è un film-maker con alle spalle varie esperienze documentaristiche e cinematografiche. Da sempre vicino e interessato ai movimenti sociopolitici della realtà piemontese, è anche delegato sindacale della Fisac-Cgil. Nel 2013 ha vinto il Gran Premio della Giuria della seconda edizione di Lavori in Corto – Abitare si può con il film Art. 34: Verdi 15 realizzato insieme a Emanuele Marchetto.

29 Novembre 2019
News

VR Free al Bogoshorts 2019

VR Free di Milad Tangshir partecipa al Bogoshorts che si svolge a Bogotà (Colombia) dal 3 al 10 dicembre.

Il cortometraggio fa parte degli otto lavori in concorso nella categoria Virtual Reality.

28 Novembre 2019
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Superottimisti al TFF37

L’Archivio Superottimisti è presente all’interno del programma del 37 TFF con 3 opere che hanno utilizzato alcuni degli home movies conservati: LUCUS A LUCENDO, di Alessandra Lancellotti e Enrico Masi, presentato nella sezione documentari italiani, terza produzione realizzata in collaborazione con Caucaso; LUI E IO di Giulia Cosentino, presentato nella sezione corti italiani e nato all’interno del progetto di formazione Re-framing home movies; NEL JARDIN DES PLANTES di Davide Leo, Giorgio Beozzo, Stefano Trucco e Fabrizio Spagna, presentato all’interno del progetto per giovani autori Torino Factory. Un altro grande risultato per l’archivio, un’ennesima dimostrazione della crescente attenzione di autori e festival verso il cinema di famiglia.

18 Novembre 2019
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Lorenzo Ventavoli è il Premio Maria Adriana Prolo alla carriera 2019

In occasione del 37° Torino Film Festival, l’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) è lieta di annunciare il conferimento del PREMIO MARIA ADRIANA PROLO ALLA CARRIERA 2019 a Lorenzo Ventavoli, uomo di cinema a tutto campo, che proprio nel cinema ha rivestito diversi ruoli, diventando una delle più importanti figure di riferimento non solo a Torino. Lorenzo Ventavoli è infatti esercente, distributore, produttore, sceneggiatore, attore, critico e storico del cinema.

La cerimonia di consegna si terrà sabato 23 novembre alle ore 15.00 presso il Cinema Massimo (sala 3 – sala Soldati), con laudatio di Alessandro Casazza, giornalista e critico cinematografico de “La Stampa”, Capo Ufficio Stampa della Fiat fino al 2001 e Presidente del Museo Nazionale del Cinema dal 2004 al 2011.

Lorenzo Ventavoli

Intitolato a Maria Adriana Prolo, fondatrice del Museo Nazionale del Cinema, il premio è un riconoscimento assegnato a una personalità del mondo del cinema che si è particolarmente distinta nel panorama della cinematografia italiana. In passato, il premio è stato conferito ai registi Giuseppe Bertolucci, Marco Bellocchio, Ugo Gregoretti, Giuliano Montaldo, Massimo Scaglione, Daniele Segre, Bruno Bozzetto, Lorenza Mazzetti, Costa-Gavras agli attori Roberto Herlitzka, Elio Pandolfi, Piera Degli Esposti, Lucia Bosè, Ottavia Piccolo e al compositore Manuel De Sica.

La diciottesima edizione del premio ha come protagonista Lorenzo Ventavoli (nato il 9 giugno 1932 a Torino) un uomo di cinema eclettico e impegnato su più fronti. Comincia infatti la sua avventura nella settima arte come semplice spettatore, per passione, per poi diventare uno dei più importanti e coraggiosi esercenti torinesi, con sale sparse in tutto il Piemonte (il cinema Romano è la prima sala italiana ad essere riconosciuta, nel 1960, come sala d’essai, mentre l’Eliseo è stata la prima multisala italiana) e attraversare il mondo della celluloide in tante altre vesti. Un percorso ‘liquido’ che lo porta naturalmente a distribuire film, ma anche a produrli, sceneggiarli (è il caso di Qualcuno dietro la porta, di Nicolas Gessner) o anche ad interpretarli – diverse e brillanti sono le prove d’attore che ci ha regalato in Il divo di Paolo Sorrentino, Preferisco il rumore del mare di Mimmo Calopresti, o Mirafiori Lunapark di Stefano di Polito – senza dimenticare il ruolo fondamentale che ha avuto come critico e storico. A testimoniare l’importanza di Ventavoli come guida e memoria storica del cinema torinese, in tutti i suoi numerosi legami con il mondo della cultura e dell’arte, sono senz’altro i suoi libri – tra questi Fin che c’è gioventù; La curiosa industria. Italo Cremona: un pittore al cinema.

Pochi, maledetti e subito. Giorgio Venturini alla Fert (1952-1957); Officina torinese. Una passeggiata in 100 anni di cinema (con Steve Della Casa) –  ma anche le tante interviste grazie alle quali giornalisti, studiosi e appassionati di cinema hanno, nel tempo, ricostruito i momenti fondamentali di una lunga e fertile stagione cinematografica. Una di queste interviste è firmata da uno dei più importanti storici del cinema italiano, Gian Piero Brunetta, e compare, per la prima volta nella sua versione integrale, sulle pagine dell’ultimo numero della rivista dell’AMNC, Mondo Niovo 18-24 ft/s, diretta da Caterina Taricano.

Come di consueto, il numero, tutto dedicato al premiato – e curato da Caterina Taricano, Vittorio Sclaverani e Matteo Pollone – sarà presentato in occasione della consegna del Premio Maria Adriana Prolo e conterrà, oltre alla lunga intervista in cui Ventavoli racconta la Torino del cinema, anche numerose testimonianze di amici e collaboratori. 

“Dedicare questo premio e questo numero della rivista a Lorenzo Ventavoli ci riempie di orgoglio e di gioia – dichiara Caterina Taricano –  Ventavoli infatti è stato una guida e un modello importante per generazioni di cinefili, compresa la mia. È stato ed è una figura virtuosa (sempre più rare in questo momento storico) che con il suo esempio, e dimostrandosi sempre aperto al dialogo, ha insegnato moltissimo ai tanti giovani che negli anni si sono avvicinati al cinema”

Lorenzo Ventavoli insieme a Luis Buñuel e Serge Silberman sul set de “La via lattea”

Al termine della proiezione sarà proiettato Troppo tardi t’ho conosciuta, di Emanuele Caracciolo, unico film del regista tripolino che, arrestato il 21 febbraio del 1944 dai nazisti, fu una delle 335 vittime dell’eccidio delle fosse Ardeatine. Nel dopoguerra il film fu considerato “perduto”, e solo nel 2003 – proprio grazie alle ricerche compiute da Ventavoli –  venne ritrovata una copia in nitrato a Cuneo, presso la famiglia Girardi, che ne aveva curato la distribuzione nell’Africa Orientale.

Il film – una delle primissime partecipazioni al cinema del famoso produttore Dino De Laurentiis, qui nelle vesti inedite di giovane attore –  è una commedia brillante, tratta dal testo teatrale Il divo di Nino Martoglio. Protagonista è il tenore catanese Franco Lo Giudice, che sullo schermo è Tonino, il figlio del proprietario di un mulino in cerca di fortuna come cantante. Anche il padre conta sul successo del figlio per vincere la concorrenza di un vicino mulino a vapore.

Tonino, però, cade preda di un’avventuriera che punta ai suoi guadagni. Il padre, per aprire gli occhi al figlio, gli consiglia di fingere di perdere la voce, in modo da svelare gli intenti della donna, che infatti lo abbandona immediatamente. Il tenore però perde effettivamente la voce a causa di un medicinale e rinuncia così alla carriera, tornando al suo mulino.

Il Premio Maria Adriana Prolo è un iniziativa curata dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema nell’ambito del progetto Nuovo Cinema Piemonte 2019 sostenuto dalla Fondazione CRT.

14 Novembre 2019
News

My Rojava – la resistenza si fa cultura

Prende il via il 18 novembre 2019 al Centro Studi Sereno Regis, in Via Garibaldi 13 a Torino, la rassegna cinematografica My Rojava – la resistenza si fa cultura, un progetto promosso da uno dei più importanti Centri Studi per la Pace e la Nonviolenza in Italia, dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema e dal Rapporto annuale Global Rights, a sostegno della quarta edizione del Rojava International Film Festival. Il primo appuntamento è previsto per la giornata di lunedì a partire dalle ore 18.00 quando Murat Cinar, giornalista, dialogherà con Orsola Casagrande, redattrice del Rapporto annuale Diritti Globali, quest’ultima in collegamento via Skype. Si analizzerà la situazione attuale a Serekaniye e saranno proiettati alcuni cortometraggi:

KOMINA (3′), che racconta il progetto del corso di cinema nel Rojava,
MAL (10′), una fiction girata a Raqqa dalla regista. direttrice del Rojava International Filmfest,
MIZGIN (2′), il racconto di una madre di Serekaniye
DIBISTAN (5′), fare scuola tra le macerie

La serata proseguirà con un apericena a offerta libera alle ore 19.30, con alcuni piatti della tradizione curda e mediorientale.

Alle ore 20.30 avrà luogo la proiezione del primo film che apre la rassegna My Paradise di Ekrem Heydo (Siria, 2016, 104′); seguirà il dibattito con il pubblico presente presso la Sala Gabriella Poli del Centro Studi Sereno Regis. Dichiara Orsola Casagrande di Diritti Globali: il film di Ekrem Heydo, My Paradise, racconta molto bene non solo la pluralità culturale, linguistica, etnica della città di Serekaniye, ma consente anche di capire come questa pluralità venga considerata una ricchezza e come venga valorizzata dal modello di Confederalismo Democratico che si sta cercando di mettere in pratica dal 2012 nel Nord Est della Siria. L’Amministrazione Autonoma promossa dai kurdi, infatti, fa della pluralità un asse portante di questo nuovo modello di governance, orizzontale e partecipato. In My Paradise conosciamo i compagni di scuola di Ekrem, kurdi, armeni, arabi… e assieme a Ekrem ne seguiamo le tracce: che ne è stato di loro durante e dopo l’occupazione e la liberazione di Serekaniye? Il film è stato girato nel 2013, dopo la liberazione della città che era stata occupata dai mercenari islamici legati alla Turchia da parte dei cittadini organizzati in Unità di Difesa del Popolo (YPG). Purtroppo oggi Serekaniye è stata di nuovo occupata da questi miliziani jihadisti sostenuti e guidati da Ankara.

My Paradise di Ekrem Heydo (Siria, 2016, 104′). Attraverso la storia di un gruppo di compagni di scuola della città di Serekaniye, ritratti in una foto di 25 anni prima, si racconta la storia recente dei territori del nord-est della Siria. Il film, oltre alla diversità culturale locale, ci mostra l’evoluzione e i conflitti nell’intera regione attraverso la quotidianità della vita delle persone.

Il film sarà proiettato in Sala Gabriella Poli, presso il Centro Studi Sereno Regis alle 20.30 del 18 novembre.

12 Novembre 2019
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Trans of Turin

Sono l’oggetto di molti racconti, ma chi sono realmente le persone transessuali? Trans of Turin è un progetto foto-narrativo che ha l’obiettivo di raccontare la città di Torino attraverso lo sguardo delle persone transessuali e transgender che la abitano. Vladimir, Annalisa, Marco, Lia, Tecla, Lee, Sara, Monica: otto ritratti di otto persone trans che hanno scelto Torino come città in cui vivere o lavorare.

La mostra sarà gratuita e visitabile a OFF TOPIC dal 19 al 27 novembre. Durante l’aperitivo di inaugurazione, a partire dalle 19:00, i protagonisti e le protagoniste degli scatti racconteranno la loro esperienza; alle 21:00 seguirà la proiezione del film The Danish Girl.

Il progetto nasce in occasione del TDoR (Transgender Day of Remembrance), la giornata internazionale in ricordo delle persone transgender vittime di violenza e per incentivare alla partecipazione alla Trans Freedom March Torino 2019 del 17 novembre.

7 Novembre 2019
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Parole&Cinema: omaggio a Hedy Lamarr

Hedy Lamarr è famosa perché suo è stato il primo nudo integrale della storia del cinema, nel film Estasi ( 1933 ) del cecoslovacco Gustav Machaty. Lamarr non è stata però solo un’importante attrice; altrettanto fondamentale, e molto meno conosciuta, è stata la sua attività di inventrice. I suoi studi, infatti, compiuti nel contesto della lotta al nazismo sono all’origine delle tecnologie wireless.

Il libro L’informatica al femminile. Storie sconosciute di donne che hanno cambiato il mondo di Cinzia Ballesio e Giovanna Giordano indaga proprio il contributo dato dalle donne allo sviluppo dell’informatica e dell’internet; matematiche, fisiche, ingegnere, imprenditrici e pure attrici come Hedy Lamarr hanno contribuito in maniera essenziale a questa rivoluzione culturale e tecnologica, come emerge dal libro della Ballesio e della Giordano,.

La rassegna “Parole&Cinema”, dedicata dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema, alla presentazione di libri sul cinema in cui la settima arte – qui rappresentata proprio dalla Lamarr – si incrocia con aspetti della realtà sociale, politica e culturale, torna con questo volume fondamentale per come scava nei meandri della storia ufficiale e delle questioni di genere, permettendo di conoscere e scoprire vicende e protagoniste poco raccontate e conosciute.

Mercoledì 13 novembre, alle ore 21, appuntamento da Luoghi Comuni Porta Palazzo, in via Clemente Damiano Priocca 3, a Torino.

L’informatica al femminile. Storie sconosciute di donne che hanno cambiato il mondo verrà presentata dalle autrici Cinzia Ballesio e Giovanna Giordano e dall’editrice Silvia Ramasso di Neos Edizioni, le quali dialogheranno con Edoardo Peretti del’Associazione Museo Nazionale del Cinema. A seguire, la proiezione de Bombshell: The Hedy Lamarr story di Alexandra Dean, documentario dedicato alla star e inventrice.

7 Novembre 2019
News

Simple Simon e Quasi amici chiudono il progetto Ragazzi in città

Si avvia verso la chiusura il progetto Ragazzi in Città affrontato, per quanto riguarda l’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC), con la scuola Alvaro-Gobetti di Mirafiori e la G.B. Viotti. Il percorso di educazione all’immagine e sul cinema è stato arricchito da un intervento del regista Giovanni Piperno che ha mostrato i suoi corti tra fiction e documentario girati con gli adolescenti di Roma e Napoli. Sono ora previste le ultime due proiezioni pubbliche della rassegna, molto importanti perché coinvolgeranno nelle presentazioni le classi della Alvaro-Gobetti e quelle della Viotti in un proficuo scambio.

La prima in programma a Cascina Roccafranca (Via Edoardo Rubino 45, Torino), domenica 10 novembre alle ore 16,30. Seguirà la domenica successiva, 17 novembre alle 16,30, ai Laboratori di Barriera (Via Baltea 3, Torino) in cui i ragazzi dell’Alvaro-Gobetti saranno comunque coinvolti nel presentare un cortometraggio che hanno eletto come il migliore di quelli che sono stati mostrati loro, ossia Fame di Luca Buzzi Reschini. Entrambe le proiezioni sono a ingresso libero.

Il lungometraggio che presenteranno i ragazzi dell’Alvaro-Gobetti il 10 novembresarà Simple Simon di Andreas Öhman che tratta di un rapporto fraterno segnato dall’autismo. Asserisce Valentina Noya dell’AMNC, coordinatrice delle classi di Mirafiori insieme a Vittorio Sclaverani: “la scelta è ricaduta su questo film viste le tematiche a cui gli studenti si sono mostrati sensibili e il fatto che si tratti di un film generazionale che parla anche di relazioni familiari: uno dei temi topici emersi dal questionario a domande aperte di fine percorso, ma anche dalle discussioni in aula”.

“Con le classi della scuola media G.B. Viotti che hanno aderito al progetto Ragazzi in Città, – dichiarano Silvia Nugara e Claudio Panella dell’Unione culturale – abbiamo seguito un percorso che ci ha portato a trattare temi a loro molto vicini come la migrazione, il multilinguismo, le passioni, i sogni per il futuro e il rapporto con la città attraverso la visione di cortometraggi recenti di diverso tipo (d’animazione, a soggetto, documentari). Il percorso si è arricchito grazie all’intervento del regista italo-srilankese Suranga D. Katugampala che ha raccontato il suo itinerario biografico e cinematografico con l’ausilio di vari materiali audiovisivi. Le classi hanno partecipato con attenzione e curiosità agli incontri, scoprendo prodotti cinematografici per loro nuovi e rivelandosi disponibili ad accoglierli. Come ci ha detto uno degli insegnanti coinvolti, “è importante essere esigenti e avere il coraggio di sollecitare gli studenti con proposte diverse da quelle a cui sono abituati e che altrimenti potrebbero non conoscere mai; e noi rischieremmo di ignorare che le loro reazioni possono anche essere molto positive”.

Ragazzi in Città è un percorso di visioni e riflessioni incentrato su come preadolescenti e adolescenti vivono e attraversano zone periferiche dal punto di vista urbanistico, ma che possono riscoprirsi ‘centrali’ se oggetto di attenzione particolare da parte di iniziative culturali, istituzioni e cittadinanza. Il progetto è curato dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema e dall’Unione culturale Franco Antonicelli ed è realizzato grazie al sostegno del Miur e del MiBAC nell’ambito della prima edizione del bando nazionale Cinema per la Scuola e gode del patrocinio della Città di Torino, della Circoscrizione 2 e della Circoscrizione 6.

Per maggiori informazioni:

www.amnc.it – www.unioneculturale.org – info@amnc.it – 347 56 46 645

Facebook: Associazione Museo Nazionale del Cinema – Unione Culturale Franco Antonicelli

Programma delle proiezioni pubbliche

Domenica 10 novembre ore 16,30

Cascina Roccafranca, Via Rubino 45, Torino

Simple Simon di Andreas Öhman (Svezia 2010, 85’, v.o. sott. it.)

Simon, 18 anni, ha la Sindrome di Asperger. A causa di questo disturbo, per far funzionare la sua vita, ha bisogno di strutture sicure e schemi prevedibili assicurategli da Sam, il fratello maggiore, che si è sempre preso cura di lui. Questa vita controllata e metodica è però d’improvviso sconvolta quando Sam viene lasciato dalla fidanzata, portando il giovane a essere distante e a volte distratto. Per riportare tutto alla “normalità”, Simon, che non comprende appieno meccanismi dell’amore e delle emozioni, decide allora di mettersi alla ricerca di una nuova ragazza per Sam. Il film sarà film introdotto dagli studenti della scuola Alvaro-Gobetti

Domenica 17 novembre ore 16,30 (Giornata internazionale degli studenti)

Laboratori di Barriera, Via Baltea 3, Torino

Quasi amici di Eric Toledano e Olivier Nakache (Intouchables, Francia 2011, 112’)

Driss è un ragazzo cresciuto in una periferia di Parigi, ma la sua ultima residenza è stata un carcere. Il ricco aristocratico Philippe si è ritrovato su una sedia a rotelle dopo un incidente di parapendio e la sua vita non può più essere così indipendente com’era. Queste due vite destinate a scorrere distanti un giorno si incontrano perché Driss, in cerca di un lavoro, viene assunto come badante personale di Philippe. All’inizio sono scintille perché i due non potrebbero essere più diversi per storia, ceto sociale, abitudini e maniere ma piano piano si stringe un legame che cambierà entrambi. Quasi amici è la storia di un’amicizia tanto inaspettata quanto profonda, raccontata nei toni di una commedia piena di speranza e vitalità. Il film sarà film introdotto dagli studenti della scuolaG.B. Viotti.

7 Novembre 2019

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