Addio a Leonardo Mosso, fra i fondatori dell’Associazione Museo del Cinema

Purtroppo questa mattina ci ha lasciato Leonardo Mosso, architetto e artista, socio fondatore dell’Associazione Museo del Cinema il 7 luglio 1953, collaboratore fondamentale di Maria Adriana Prolo, promotore del Centro studi di Architettura programmata e di Cibernetica ambientale, curatore l’Istituto Alvar Aalto e il Museo di Architettura Arti applicate e Design. Sempre vicino con entusiasmo alle attività del nuovo corso dell’AMNC vogliamo ricordarlo con un’intervista concessa a Caterina Taricano, Matteo Pollone e Vittorio Sclaverani nel 2016 pubblicata sul numero 98 di “Mondo Niovo 18-24 ft/s” dove ci raccontò le sue due grandi passioni: l’architettura e il cinema.

“Tutte le forme d’arte hanno una corrispondenza l’una con l’altra e in particolare il cinema con l’architettura. Sia il cinema che l’architettura non sono arti della contemplazione fissa bensì riguardano il movimento, il flusso vitale. Un’opera d’arte architettonica non si può contemplare come se fosse un quadro e così anche il cinema: entrambe si rivolgono al corpo e alla mente dell’osservatore. Andare al cinema, vedere il film in uno spazio adeguato diventa
un’esperienza magica.

Leonardo Mosso con Alvar Alto nel 1966

Ero molto interessato, da giovane, agli spazi umanistici dell’architettura, cioè a uno spazio a misura d’uomo che doveva essere un luogo sereno per le persone. Avevo letto un libro di Sigfried Giedion, importantissimo per tutti i nostri coetanei, dal titolo “Spazio, Tempo e Architettura”. È grazie a quel libro che mi sono innamorato dell’opera di Alvar Aalto e ho deciso di partire per la Finlandia. Da quando avevo vent’anni, ero abituato ad andare in vacanza all’estero, in Svezia e in Inghilterra, e quindi appena ho letto di questo architetto, ho fatto le valigie e ho deciso di partire. Aalto non era solo un professionista, era un anticonformista e un poeta dell’architettura.Il Museo del Cinema è stato realizzato in tempi differenti, in una successione di scelte e di occasioni diverse. Siamo andati alla Mole (prima dell’allestimento a Palazzo Chiablese) dopo essere stati anche sotto le gradinate dello Stadio Comunale, un posto infernale perché in estate era caldissimo e d’inverno faceva molto freddo. Nell’immaginario torinese la Mole è un polo d’attrazione, sembra coniugarsi perfettamente alle immagini e alle forme dei primi esempi di cinema, sembra uno scenario fatto apposta per “Cabiria”. È molto scenografica. Gli edifici progettati da Antonelli erano case molto all’avanguardia, dove è possente il sistema di travi e pilastri mentre le parti cosiddette “di tamponamento” sono leggere. È una struttura a scheletro, per intenderci. È il principio costruttivo a essere all’avanguardia.

Leonardo Mosso insieme a Laura Castagno

Come architetto dell’Associazione del Museo del Cinema bisognava innanzitutto diffondere l’idea dell’urgenza di un Museo e, per farlo, ho organizzato tante mostre sia in Italia che all’estero con le immagini delle macchine da presa e degli antichi sistemi di visione. Era un problema, allora, affermare che un Museo del Cinema fosse un museo necessario e, in quello, il mio ruolo credo sia stato importante anche quando è stata progettata la prima sede ufficiale a Palazzo Chiablese. Molti non ne capivano l’urgenza e si chiedevano che bisogno ci fosse di un museo quando si poteva tranquillamente andare al cinema e basta. A Palazzo Chiablese c’erano le inferriate disegnate da mio padre, con un nastro di pellicola che seguiva le forme della porta. Purtroppo, quando hanno fatto la ristrutturazione le hanno portate via.

La mia attrice preferita è Marilyn Monroe. I film della mia vita sono tanti, non so se riesco a sceglierne solo uno solo. Io e mia moglie siamo dei vecchi signori che hanno vissuto il dopoguerra, che è stato un periodo di grande esplosione artistica: lei, da bambina guardava i film di Esther Williams, con quei colori meravigliosi, oppure “Serenata a Vallechiara” con Sonja Henie che avevo anche conosciuto in occasione di una mia mostra a Oslo, all’interno di un museo finanziato da lei. Ci piaceva molto perché interpretava dei film allegri e a lieto fine.”

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