All’interno del progetto Channels of Solidarity di Mosaico Refugees si è collocata la giornata del 15 dicembre 2021, organizzata da Associazione Museo Nazionale del Cinema, Mosaico Refugees e Associazione Studi Giuridici Immigrazione. La giornata si è concentrata sulla situazione tunisina, perché è da questo paese che, negli ultimi anni, proviene il maggior numero di persone detenute senza alcun tipo di reato all’interno dei CPR.
Gli abstract degli interventi di Da Tunisi a Torino
Maurizio Veglio (avvocato Asgi)
La politica migratoria italiana ha messo la Tunisia al centro della propria azione, come emerge dai dati relativi alle espulsioni e alle presenze nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR). Nel 2021 i cittadini tunisini hanno rappresentato il 50% dei rimpatri e addirittura il 60% del totale dei trattenuti nei CPR italiani. La clamorosa sovrarappresentazione della popolazione tunisina nel sistema espulsivo è il risultato degli accordi stipulati tra i due Stati in materia di immigrazione e della designazione della Tunisia quale Paese di origine sicuro.
Samia Benamor (mediatrice culturale)
Dopo 23 anni di dittatura, la rivoluzione del 2011 ci ha illuso di avere finalmente conquistato libertà e uguaglianza. In realtà la Tunisia è piombata in una grave crisi sociale ed economica, così profonda da stimolare perfino la diffusione del fondamentalismo. La povertà dilagante, l’inaccessibilità di servizi e risorse, la carenza di cure, la disoccupazione e le discriminazioni a danno di alcune categorie di persone (penso in particolare alle madri sole e alle persone malate) spiegano la forte emigrazione. Alla quale si aggiunge un fenomeno terribile e rimosso, quello delle persone disperse in mare, dopo lo sbarco, in carcere o nei CPR: dal 2011
ad oggi si stimano circa 5mila irreperibili, le cui famiglie sono ancora in attesa di risposte.
Majdi Karbai (parlamentare tunisino)
Purtroppo l’immigrazione è ancora vista dall’Europa come una minaccia, invece che un fenomeno economico e sociale. E non è diverso il trattamento che la stessa Tunisia riserva a molti immigrati subsahariani, detenuti e respinti in violazione del principio di non refoulement. È necessario un cambio di visione, che riporti i diritti delle persone al centro della politica e che restituisca dignità all’essere umano. Inoltre la prassi degli accordi tra Italia e Tunisia è ambigua e pericolosa. Si tratta di accordi non pubblici né discussi in Parlamento (io stesso ho cercato di avere accesso, ma ci è stato negato), che restituiscono l’immagine di un rapporto di forza e di puro interesse egoistico, risorse in cambio di riammissioni. Non possiamo accettare l’idea di una Tunisia ridotta a controllore e guardia costiera dell’Europa.
Martina Costa (Avocats Sans Frontières)
L’approccio securitario dell’Unione europea nei confronti delle migrazioni ha completamente svilito la tutela dei diritti e delle garanzie fondamentali degli individui. La Tunisia, in particolare, si trova in una posizione strategica per lo sviluppo delle politiche europee di esternalizzazione delle frontiere: è un Paese che viene definito sicuro e con il quale si concludono accordi, ma colpito da una grave crisi istituzionale e incapace di rendersi indipendente dagli interessi imposti dagli Stati europei. Negli ultimi anni la Tunisia è diventata la prima nazione per numero di arrivi in Italia e la risposta delle autorità italiane non si è fatta attendere. Gli accordi, spesso riservati, tra esponenti dei due Paesi assicurano finanziamenti ed equipaggiamenti alla guardia costiera tunisina per fermare le partenze irregolari, dietro la garanzia di procedure sempre più rapide per le riammissioni dall’Italia. Tutto ciò ha determinato un aumento esponenziale di intercettazioni in mare da parte della guardia costiera tunisina, senza alcuna attenzione per le esigenze della popolazione locale.
Bilel Mechri (avvocato tunisino)
Fino al 1995 gli spostamenti tra Tunisia e l’Italia erano liberi, ma l’accordo di Schengen ha rappresentato un punto di non ritorno per molti tunisini, costretti a migrare in condizione di irregolarità. La rivoluzione del 2011 ha determinato un nuovo incremento delle partenze e un ingente afflusso di richiedenti asilo dai Paesi limitrofi. Tutto questo è accaduto in un Paese, la Tunisia, che, nonostante una proposta di legge depositata in Parlamento nel 2012, non ha ancora disciplinato il riconoscimento della protezione internazionale. Parallelamente l’aumento delle domande di protezione internazionale dei cittadini tunisini in Italia ha stimolato un’importante collaborazione tra avvocati dei due Paesi, che ha consentito in numerosi casi di sostenere le richieste attraverso il reperimento di pareri, documenti e informazioni di fonte qualificata.
Barbara Spinelli (avvocata ASGI)
Nonostante la definizione della Tunisia come Paese di origine sicuro, vi sono molte categorie di persone i cui diritti fondamentali non sono rispettati. Penso ai membri della comunità LGBTQI, ai neomaggiorenni, spesso vittime di violenza domestica e di sfruttamento lavorativo, alle persone a cui è negato l’accesso alle cure mediche o al mercato del lavoro.