Film e aperitivo solidale alla Casa del Quartiere di San Salvario

L’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) promuove un appuntamento solidale, in programma domenica 5 giugno presso la Casa del Quartiere di San Salvario (Via Oddino Morgari 14, Torino), a sostegno del progetto pilota di arte terapia Questione di sguardi curato da Rita Lavalle. La serata si compone di un aperitivo senegalese vegetariano benefit dalle 19,30 con un’offerta minima di 20,00 Euro a cui farà seguito la proiezione con ingresso Up to You del film La petit vendeuse de soleil di Djibril Diop Mambety, classico del cinema africano mostrato in versione originale con i sottotitoli in italiano. La proiezione è realizzata con il supporto di If Cinéma in collaborazione con Alliance Française Torino. È gradita conferma di partecipazione entro venerdì 3 giugno ai seguenti contatti: rita.lavalle@gmail.com – 333 148 6716.

Questioni di sguardi è un percorso di arte terapia curato da Rita Lavalle che si articolerà attraverso 14 incontri che si svolgeranno nell’arco di quattro mesi, rivolto a gruppi di giovani donne (18-23 anni) che vivono a Malika, quartiere della periferia di Dakar, sostenute dalle borse di studio grazie all’iniziativa Éducation et Égalité promossa da Renken Onlus.

Cos’è l’arte terapia? L’arte terapia è una disciplina che si serve dell’espressione artistica, è una modalità che consente alle persone di fare emergere il lato profondo e di difficile accesso da un punto di vista cognitivo e verbale.

Quale è l’obiettivo del progetto? L’obiettivo è favorire la conoscenza di sé per attraversare più consapevolmente le prove da affrontare nella vita. Nel percorso arte terapeutico, le giovani possono intraprendere un lavoro mirato al benessere e al rinforzo della propria autostima. Il progetto mira ad aiutare le giovani a trovare in sé l’energia e la motivazione per investire nei risultati della loro formazione, in modo da poter superare paure e resistenze e avviare attività di empowerment extra-familiare.

È stata avviata una campagna di crowdfunding tramite la piattaforma online Produzione dal basso con l’intento di raccogliere 1.390,00 Euro per rendere possibile il progetto: https://www.produzionidalbasso.com/project/questione-di-sguardi/

Grazie al sostegno delle persone che parteciperanno a questo appuntamento sarà possibile realizzare Questione di sguardi.

Info: www.amnc.it – facebook Associazione Museo Nazionale del Cinema –  3331486716

La petit vendeuse de soleil di Djibril Diop Mambety (Senegal 1999, 45′, v.o. Sott. it.)

Il film premontato al momento della morte del regista avvenuta nel luglio del 1998 avrebbe dovuto far parte di una trilogia dedicata alla piccola gente, a quelle persone che come disse l’autore sembrano camminare con un cartello appeso al collo con la scritta wonted. Sisi è una ragazzina che vive sui marciapiedi di Dakar, nonostante le stampelle con cui è costretta a camminare lotta per diventare la venditrice di giornali. È l’inizio di una nuova vita… Il regista dichiarò: “Penso che oggi nel cinema Africano si debba accettare la diversità. Io non credo nel cinema didattico, credo molto nella creazione”.

Djibril Diop Mambety nasce a Dakar nel 1945. È il poeta del cinema africano, l’artista più visionario che ha saputo reinventare l’Africa con le sue immagini ricche di umorismo e saggezza. Il suo cinema racconta storie di piccola gente. Attore di formazione, comincia a interessarsi al cinema dopo essere stato espulso per indisciplina dalla compagnia del teatro Nazionale “Daniel Sorano” di Dakar.

È un regista autodidatta che sente la vibrante necessità di contribuire a quella rivoluzione stilistica che stava accadendo nel mondo con l’onda dei movimenti della nouvelle vague europea. Nel 1973 realizza il suo primo cortometraggio Touki Bouki, un’opera di alta sperimentazione cinematografica, raccontando il viaggio di due giovani senegalesi verso un sogno utopistico: lasciare Dakar e recarsi nella mitica Parigi. I film partecipa a Parigi e a Mosca dove vince il premio della critica internazionale. Artista molto apprezzato e allo stesso tempo molto criticato da chi gli rimprovera una tecnica troppo perfetta e sofisticata “occidentale” insomma. Lui stesso dichiarò:“Ricordatevi che fare cinema in Africa è un sacerdozio. Sapete quanta dedizione, sacrificio – e non mi vergogno a dirlo – eroismo occorre per portare a termine un film nella nostra realtà”.

La sua è una ricerca formale in cui fondamentale è il valore estetico di ogni singola immagine. Una ricerca di poesia, da rintracciare nel quotidiano, nel reale che si confondono con l’irruenza dell’immaginario, con la dimensione del sogno, senza tralasciare i temi e simboli della tradizione africana.

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